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Cedar Wright sulla cima Nord di Cat's Ear Spires.[/caption]
Articolo adattato e tradotto dall''originale scritto da Cedar Wright per Climbing.com
Non riesco a respirare. Mi sento prosciugato, ho le vertigini e avverto uno spiacevole senso di nausea. Chiudo gli occhi cercando di ricompormi. Sento un filo di elettricità statica tra il cervello e la retina. Respiro in cerca di ossigeno, poi risalgo gli ultimi metri di una fessura ghiacciata.
Con grande fatica metto insieme una sosta non esattamente perfetta, con un cam numero 6 e due dadi assai sospetti. Crollo contro il muro e quasi vomito. "La sosta è fatta, Renan.”
“Oh merda, abbiamo dimenticato tenda e sacco a pelo!" dico scherzando mentre osserviamo il sole tramontare all'orizzonte. Per essere veloci e leggeri,
abbiamo ridotto al minimo lo zaino, sperando di fare la prima salita della cima Nord delle Cat’s Ear Spires in Pakistan, nella Trango Valley, in un unico tentativo.
Il nostro piano era di mettere per primi la nostra firma su questa cima vergine in un solo giorno, usando la stessa tattica che utilizziamo a Yosemite per salire in velocità. Potevo già vedere i titoli su Climbing Magazine: "I supermen di Yosemite conquistano l'impossibile big wall himalayana in un solo giorno!"
“Bata così per oggi,” mi lamento.
“Farà parecchio freddo questa notte,” risponde Renan mentre rovescia tutto il contenuto del suo zaino. Mentre ci riprendiamo dalle fatiche della giornata sistemandoci sulla cengia, abbiamo finalmente un po' di tempo per riflettere sulla nostra situazione
“Direi che siamo strafatti,” borbotta Renan, leggendomi nella mente.
“Che cosa mai potrebbe andare storto?” chiedo scherzando. La risposta è: molte cose. Potrebbero esserci scariche di neve o di sassi, potrebbe arrivare una tempesta ma anche soltanto un piccolo e banale errore basterebbe a trasformare una grande impresa in una tragedia.
Le montagne possono essere fonte di ispirazione, possono rappresentare una sfida, possono umiliare o addirittura uccidere. Ci sentiamo piccoli sulla parete, senza riuscire a vedere la cima. Non sappiamo quanti tiri ci mancano ma dovremmo essere vicini. Ci obblighiamo a bere un po' d'acqua e a mangiare un po' di cibo, poi ci accoccoliamo su questa piccola cengia. Paura e dubbi fanno compagnia al freddo.
Siamo fighi? forse. Siamo stupidi? Probabilmente sì. Desidero raggiungere questa cima, ma non c'è arrampicata che valga la vita. Il mio respiro finalmente ritorna normale e il terrore si placa.
La vista del sole che tramonta dietro la Shipton Spire e la bellezza incredibile della Trango Valley davanti ai miei occhi mi ricorda perché faccio queste cose.
Inizio a sonnecchiare e sogno che le guglie della valle si trasformano in zombie di roccia. I mostri marciano lungo il ghiacciaio con un sorriso a 32 denti. Mi sveglio di soprassalto intorpidito per il freddo. Mi muovo freneticamente facendo squat e jumping jack fino a che il mio corpo è abbastanza caldo per potersi riaddormentare. (...) Questa notte è una battaglia contro l'ipotermia.
“È stata la notte più fredda della mia vita,” dice Renan con un sorriso da pazzo. La sua faccia è coperta di terra, ci facciamo un veloce caffè e lentamente ci rimettiamo in marcia verso la cima.
Non appena finisco il primo tiro recupero il bagaglio e in quel mentre la mia piccozza si allenta e passa a pochi centimetri come un'ascia vicino alla testa di Renan. (...) Dieci secondi dopo, una grossa valanga si stacca poco lontano da noi.
È strano essere relativamente al sicuro quando un evento potenzialmente mortale si verifica a pochi passi da te. Sono veramente spaventato.
“Che diavolo sto facendo qui?” Mi lamento contro la parete, che rimane gelida e indifferente. Questa salita sembra non finire mai.
“Spero che farai un altro tiro,” dice Renan. L'ipossia rende difficile concentrarsi e stare attenti a ciò che facciamo, e adesso dobbiamo arruolare il compagno più importante degli alpinisti, la buona sorte. Il ghiacciaio del Baltoro è la salvezza ma sta 3000 piedi sotto di noi e dobbiamo salire e scendere. (...). Quante calate dovremo fare? Un camino stretto e ghiacciato minaccia di mangiarmi vivo, ma ormai la cima è in vista!
Prima che partissimo, qualcuno mi chiese perché avevamo deciso di andare in Karakoram. Devo aver detto qualche banalità del tipo "perché è una specie di Yosemite ad alta quota", il che in parte è anche vero, ma in realtà eravamo anche a caccia di gloria. Volevamo qualcosa per metterci alla prova: potevamo scalare El Cap in un giorno, ma saremmo stati in grado di fare qualcosa di più grande? Come per esempio salire una parete simile a El Cap ma in alta quota?
Quasi senza crederci, raggiungo alla fine l'inviolata cima nord delle Cat’s Ear Spires. (...) La cima è talmente piccola che io e Renan dobbiamo alternarci . Mi viene da piangere "E' molto bello qui, ti voglio bene amico". (...)
Ore e ore dopo, facciamo la calata finale e mettiamo i piedi sulla "terra ferma" Siamo sopravvissuti a questo viaggio che abbiamo chiamato
Epica Direct (5.11 A2+) e dedicato alla nostra amica Erica, morta sotto un seracco su questa catena montuosa lo scorso anno.
Abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, anche se non in un solo giorno, ma abbiamo salito una delle principali cime inviolate della Trango Valley con uno stile eccellente, senza staff di supporto, senza nessun tipo di garanzia – una salita in cui abbiamo osato a sufficienza. Avremo la nostra news sulla stampa.
Guardando indietro, mi chiedo ora se ne sia valsa la pena correre questo rischio. Se avessimo portato tenda e sacco a pelo e montato le corde fisse sulla via sarebbe stato senz'altro più sicuro ma la sfida avrebbe avuto molto meno pepe. D'altro canto, se una tempesta si fosse abbattuta su di noi, se fosse accaduta qualsiasi altra cosa seria, non sarei qui a scrivere. (....)
L'arrampicata è uno sport bizzarro. Non abbiamo riferimenti precisi o regole, abbiamo invece questioni di etica e di stile. Ma lo stile è qualcosa di importante?
io e Renan ci sentivamo obbligati a fare questa salita in puro stile alpino - senza corde fisse, senza chiodi e al tempo stesso volevamo stabilire un record di velocità. Credevo nella purezza di questo approccio ma insieme a questa religiosa aderenza alla purezza dello stile, c'era il desiderio di essere considerati forti, "cool". Non c'è niente di male nel voler essere fighi, come climber sentiamo l'esigenza di metterci alla prova ma dobbiamo anche ricordare che l'arrampicata deve essere divertente e non mortale.
Alla fine, avere un cattivo stile può anche significare non curarsi della propria vita, essere imprudenti. Credo che per perseguire quell'obiettivo io e Renan abbiamo trovato un equilibrio accettabile tra rischio e divertimento, ma in montagna il confine è spesso molto labile. Sono orgoglioso del nostro stile su quella salita. Lo stile è una cosa importante ma, allo stesso tempo, non lo è affatto.
Arrampicare per gratificare il nostro ego non coglie il punto perché è molto meno gratificante che non farlo per la bellezza, per le montagne, per le linee, per il movimento. In fin dei conti se tornassi ancora in Pakistan porterei una tenda, un sacco a pelo, e una macchinetta da caffè.